Level 7
di Fabio Romano

Fabio Romano costruisce scenari, evocazioni di apocalissi composte di paesaggi urbani dove l'uomo è assente, ma dove del suo esserci stato rimangono manufatti, architetture, strade, spazi vuoti.
Sono mondi crollati, rovine non da contemplare, ma da guardare “ per fare esperienza del tempo, del tempo puro”, come ci suggerisce Marc Augè.
Il tempo in cui accade quello che Fabio Romano crea non ha una datazione, ma intuiamo che le rovine delle sue città sono tornate ad essere uno spazio della natura, pur essendo il risultato della storia.
Quando pensiamo a città abbandonate ci riferiamo a luoghi dove la catastrofe si è manifestata come a Cernobyl o Fukushima. Ma ci domandiamo: potrebbe di nuovo accadere? L'incubo di disastri nucleari, di attacchi atomici non è mai scongiurato e la distruzione della nostra precaria tranquillità è sempre in agguato.
Le maquettes di Romano sono una archeologia possibile del nostro quotidiano o una riflessione sulla memoria di una civiltà tecnologica che conosciamo ma che potrebbe trasformarsi in un fantasma.
Come l'origine dell'uomo è legata all'idea della polvere (“infatti polvere sei e polvere ritornerai”), così le sculture di Romano sono ricoperte di polvere, di materiale inerte che “conserva l'impronta di tutto ciò che metaforicamente è stato senza aver nulla perduto, come un immenso deposito o un'immensa matrice virtuale di ricostruzione” (Paulo Barone).
Se la grande nuvola di polvere prodotta dal crollo delle Torri Gemelle erano le torri stesse, la polvere caduta sulle opere di Romano è essa stessa casa, persona, oggetto, memoria, a dare consistenza e spessore anche all'assente.

Irene Finiguerra